Il cerchietto io me lo metto

Ho da sempre una specie di ossessione per i capelli, che trae le sue origini dalla mia nascita. Venni alla luce, non come tutti i neonati che posso avere o meno i capelli, io nacqui “L’ultimo dei mohicani”. Quando mia madre mi vide, ebbe un sussulto, e non tanto per la mia cresta centrale, quanto perché quella cresta era rosso carota. Di tutta risposta mia nonna paterna ribadì “Ah vedi è venuta rossa come mia madre!”.
Non so esattamente perché negli anni ’80 il rosso fosse così out, certo è che nel corso degli anni ha trovato la sua rivincita. Negli ultimi anni il rosso, in tutte le sue gradazioni, è diventato un vero e proprio must have dei colori di tendenza in fatto di capelli. Io per esempio adoro il colore naturale di Emma Stone, una texture tenue ma decisa, perfetta con il suo incarnato di porcellana e i suoi magnetici occhi verdi!

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Il mio (credo) 1° cerchietto

In breve invece il mio rosso carota si è trasformato in un biondo chiarissimo, poi dorato, poi cenere, che negli anni è stato la mia croce e delizia. I boccoli da putto rinascimentale hanno ceduto il passo ad una folta e lunghissima chioma mossa che mia madre amava districare a forza di spazzolate che neanche lo scudiero di Longchamp. Code alte, trecce, code di lato anni ’80, chignon, i miei capelli erano un continuo acconciarsi e pettinarsi.
Ma c’è un accessorio che ho sempre amato più degli altri e che continuo ad amare ancora oggi: il cerchietto (che dalle mie parti continua a chiamarsi frontino). Ultimamente prediligo le fascette elastiche, con degli inserti gioiello laterali oppure a tutto giro (vedi foto). Sono perfetti con qualsiasi mise e danno un tocco in più sia con i capelli lisci che ricci. C’è un unico neo per me che pur usando le lenti a contatto, sono spesso costretta a portare gli occhiali: ho si le orecchie abbastanza grandi ed atte a portare pesi, ma la stecca degli occhiali dà parecchio fastidio se abbinata a quella del cerchietto o all’elastico della fascetta; ecco perché purtroppo sono costretta a ridimensionarne l’uso.

Da sempre considerato un accessorio da bambina, anch’esso come il rosso per i colori, ha avuto il suo riscatto, tanto che oggi, in varie declinazioni, orna le teste delle it-girl di tutto il mondo.
Storia ci insegna che già al tempo di greci e romani, le donne amavano cingersi il capo con ghirlande, ornate di gioielli e pietre nelle occasioni particolari, per non parlare del medioevo e del rinascimento, epoche in cui le donne usavano l’antesignano del cerchietto, vera e propria moda del momento,  nelle vita quotidiana.

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Brigitte Bardott in uno dei suoi indimenticabili look anni ’60 (pic by Pinterest)

E come dimenticare i cerchietti e le fasce indossate da Brigitte Bardot negli anni’60? Un accessorio che a l’attrice francese donava più che mai, in grado di esaltare la sua maliziosa quanto acerba femminilità. I suoi capelli biondi, cotonati dietro il nastro sono rimasti un must della moda.

Negli anni ’70 il cerchietto bon ton ha ceduto il passo ai foulard colorati annodati di lato e alle fascette hippie (che personalmente adoro), cordini semplici  oppure cinti da fiori.
Gli anni ’80 e ’90 segnati per alcuni versi da pastrocchi di stile, hanno relegato di nuovo il cerchietto ad accessorio da bambina, tanto che nessuna di noi fanciulle dell’epoca è stata immune dall’indossarne di  enormi, spesso di velluto, usati prevalentemente per tenere fermi i capelli a scuola o nel tempo libero.

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Due look da sposa con cerchietto e coroncina di fiori (pics by Pinterest)

Oggi il cerchietto, in tutte le sue declinazioni è tornato di gran moda. Colorato dona un tocco di novità a una mise classica, sui capelli corti dà un’aria più femminile, essenziale aggiunge un tocco sofisticato all’outfit. Nei look da sposa si può preferire al classico velo, oppure lo si può combinare, scegliendolo nella variante coroncina di fiori oppure ghirlanda alla greca.

Insomma, il cerchietto offre tante di quelle possibilità che nessuna donna può esimersi dall’indossarlo almeno una volta nella vita, chissà che quella volta non sia proprio nel giorno del matrimonio…io personalmente ci sto facendo un pensierino 😉

Spos(t)arsi

Ci sono parole, termini, frasi che nell’arco di una vita possono assumere per noi significati e suscitare in noi emozioni e sensazioni diverse.

Alla soglia (anzi proprio proprio entrando visto che settimana prossima è il mio compleanno) dei 33 anni ce n’è una che in modo particolare mi fa sobbalzare dalla sedia: SPOSARSI.
Non si sa per quale assurda ragione ma alcune parole quando siamo piccoli le sentiamo spesso e ci sembrano innocue e naturali, ad un certo punto della nostra vita quasi musica per le nostre orecchie, tanto che quando le udiamo i nostri lobi e i nostri padiglioni auricolari si ringarzulliscono e si vestono a festa anche loro.
Poi ad un certo punto, il buio. Sposa che? Spo- sar-si. Oh my God! La tua compagna del liceo si sposa, tua cugina minore si sposa, la figlia sfigata di un’amica di tua madre idem, e tu che ti credevi fighetta e ambitissima stai lì a fissare lo schermo del tuo pc dove scorre a lato un banner che pubblicizza la nuova collezione di abiti da sposa di Jenny Packam. E questo può avere un solo significato: che almeno una  volta nell’arco degli ultimi 10-15 giorni tu di tua spontanea volontà un’occhiata gliel’hai data. Il perché non lo sai neanche tu ma una recondita e sommessa voglia di ricongiungere quella parola al tuo vocabolario usuale in fondo in fondo c’è.
E vai un po’ a ricacciare fuori la storia delle impostazioni culturali, dell’educazione, quelli legati alla religione.
Tu quella parola l’hai snobbata per anni, ma vuoi tua nonna che ti chiede di farlo presto così che lei, che non ti vede in bianco dalla Prima Comunione, possa commuoversi sull’altare prima che sia troppo tardi, vuoi quella tua lontana parente che non ti vede da anni e ti dice “ma come sei cresciuta…quanti anni hai?” e quando tu rispondi sorniona “32” (pensando che in realtà che venga carpito come un 16) ti guarda e non favella, sta parolina magica ti ronza nelle orecchio peggio della zanzara che alle 3 di notte.
Nel frattempo torni a casa da tua madre  e quella partecipazione della già citata cugina minore è lì sul mobile del salotto in bella vista, manifesto della tua noncuranza al tempo che passa e alla tua sfacciata presunzione di potertene fregare.  {Ma come non ti ricordi di quando tua cugina ora ad un passo dall’altare, imparava a parlare e tu facevi già le piroette sui pattini a 4 ruote? o quando tu andavi all’università e lei non aveva ancora neanche le chiavi per rincasare quando voleva? }

E allora dici vabbè me ne vado  e smetto di fissare le inziali intrecciate con un filo d’argento sulla busta della partecipazione di tua cugina e tu ti intrecci si, ma col traffico della metropoli. Lì mentre con una mano nella borsa e una sul volante cerchi di sbrigliare il tuo auricolare intrecciato a sua volta pure attorno alla tua catenina con l’inziale (la TUA, da sola), squilla il telefono. E’ il responsabile della tua società che ti convoca per un colloquio in sede. Sembra urgente. Corri come una pazza da un capo all’altro della città mentre intorno a te ci saranno centinaia di donzelle della tua età in trepidazione perché di qui a qualche giorno vanno a SPOSARSI, che corrono come te da un capo all’altro della città per definire trucco e parrucco, ritirare l’abito, fare la manicure.
Il tuo trucco e parrucco consiste invece in un po di lip gloss rosato e una scrollata a testa in giù ai capelli sotto l’ufficio del capo. Sali facendo finta di non essere trafelata e ti accolgono in una stanza simile a quella degli interrogatori della squadra mobile. E lì’ di fronte ad un pc e a qualche documento che porta il tuo nome ti propongono di cambiare. Ti propongono qualcosa che porta nel nome la parola indeterminato.
Insomma ti propongono di SPOSARE l’azienda. Finalmente qualcuno ti ha chiesto di sposarlo, è giunto il momento fatidico anche per te, e pur immaginandotelo diverso magari un po’ più romantico, accetti quasi incredula.

Poi esci un po’ scossa ti guardi allo specchio dell’ascensore e la tua gioia iniziale si trasforma in un “Oddio, e adesso che faccio? Questi mica mi vorranno intrappolare così? Io non mi sono fatta intrappolare mai, anzi si dal tacco nel sampietrino l’altra sera a Trastevere, e questi mi fanno sposare l’azienda a tempo indeterminato?! Ma se neanche la luce pulsata che faccio alla gambe riesco a definirla epilazione permanente?”.
Così entri in macchina e nel lungo tragitto che ti separa da casa e pensi che forse è arrivato il momento di non trovare più scuse per scappare, che poi tanto se scappi dalle cose, corri sempre il rischio che il tacco ti si ficchi nel sampietrino. Che poi spesso neanche si ha il coraggio di scappare, il più delle volte ci si sposta, giusto un po’ più in là per non farsi prendere.

Ma poi sposa si nasce o si diventa?

Parliamoci chiaro ogni donna in fondo, dalla rocker passando per la manager e la calciatrice, aspetta l’amica o la cugina di turno che le annuncino di essere state chieste in moglie per dare una sbirciatina al mondo in bianco altrimenti accessibile solo di straforo tra una puntata di Abito da sposa cercasi e Wedding Planner di Enzo Miccio. E quando si parla di bianco il primo pensiero va all’abito, ambito, sconosciuto, elemento accessibile solo a chi ha ricevuto la richiesta vera.
Le altre, quelle che dicono di non averlo mai sognato neanche da ragazzine (oh, l’ha detto pure Charlize Theron a Sanremo) possono al massimo toccarlo, anche solo provarselo con gruccia davanti allo specchio, come ovviamente ho fatto io, pare che porti male (ma io mica sono superstiziosa!).

Aspetto aspetto ma le mie amiche storiche sono inamovibili, o forse sono inamovibili i loro compagni. Fanno figli, aprono attività insieme, accendono mutui cointestati, ma niente non c’è verso di capitolare.
Stavo quasi perdendo le speranze di poter farmi almeno un giro per i chiassosi stand di Roma Sposa quando una sera durante una cena a quattro la mia carissima amica Clarissa annuncia: “Ci sposiamo!!!!”. E tira fuori il brillocco che brilla forse meno dei suoi occhi mentre me lo mostra e dei miei che finalmente avrò la scusa per dare una sbirciatina al mondo wedding.

Non ho perso tempo e da brava scovatrice di eventi a cui imbucarmi ho trovato su IoDonna la possibilità di accreditarsi a Bride to be (letteralmente essere, diventare sposa), un evento organizzato per presentare la nuova collezione sposa Max Mara. Mi piacciono queste incursioni estemporanee nel mondo della moda, soprattutto trovo in Clarissa la spalla perfetta per presenziare, trovo che insieme siamo un po’ comiche, nonostante ci conosciamo da 10 anni e abbiamo entrambe superato i 30 continuiamo a sembrare due bambine in gita scolastica. Anche ieri all’atelier abbiamo scovato il comico quando non trovavano il suo nome in lista e non volevano consegnarle il cadeaux…ma come niente regalo omaggio alla sposa!!!!. Non avrei insistito tanto se non avessi scrutato che all’interno della busta, pesante più di una cassa d’acqua da sei, c’era una scatola firmata Kérastase e una Sisley Paris 🙂

Ci sediamo goffamente in prima fila, addobbate come alberi di Natale di buste, calici di champagne e volantini vari, facciamo amicizia con una statuaria ed elengantissima responsabile del brand, e ci godiamo l’inizio della sfilata. Piacevole, eterea, rilassante. Io sembravo come Alice nel paese delle Meraviglie che non era mai stata a Wonderland, ma senza l’ansia del Brucaliffo e del Cappellaio matto. Lì nessuno voleva venderti o rifilarti niente. Osservavi, commentavi, sceglievi il tuo abito preferito e mangiavi tartine al salmone e cioccolatini a cuore.

Il colmo è che poi alla fine Alice ha trovato l’abito delle meraviglie e la sposa no.
Ma quella è un’altra storia.