Tradizionalmente Volo

Voi dovete sapere, e anche Fabio Volo dovrebbe saperlo, che l’11 febbraio 2011 (data palindroma portatrice, a quanto pare, di sfighe immonde), mi cappottai sulla SS1bis che da Tarquinia mi portava al lavoro a Viterbo, poco dopo le 8. A quell’ora, esattamente tutte le mattine,  ero sintonizzata su Radio Deejay e ascoltavo “Il Volo del mattino”.
Proprio in quel momento credo ci fosse Volo che dissertava con Spank sulla vita, sull’amore, o forse parlava dei festini della signora Fletcher. Mentre io vedevo passarmi davanti gli ultimi 28 anni della mia vita, in sottofondo quel simpaticone di Hello Spank intonava insieme a Pavarotti “Buongiorno a questo giorno che si sveglia oggi con te, buongiorno al latte ed al caffè…”.
Chiusi gli occhi in quella carambola che mi è sembrata infinita e quando li riaprii, viva e vegeta e senza un graffio nonostante fossi sottosopra, Fabio Volo era ancora lì a tenermi compagnia.

Così da quel giorno la mia esistenza è rimasta legata a doppio filo a quel programma, che non a caso continuo a seguire, felice che dopo lo stop di qualche tempo abbia riacquisito nuova linfa, e un po’ anche a Fabio Bonetti, in arte Volo, di cui continuo a seguire le gesta, sia professionali che private.
Si perché a me lui sta proprio SIMPATICO, lo dico a gran voce, proprio come quando espressi senza mezzi termini la mia ammirazione e simpatia per un altro personaggio scomodo come Selvaggia Lucarelli.
A volte sembra quasi che chi ce la fa, chi si distingue dalla massa, chi arriva alla meta, abbia rubato qualcosa a qualcun altro. E quindi questi due personaggi, partititi uno da Brescia e l’altra da Civitavecchia, con decisione, intelligenza, caparbietà e supponenza se vogliamo (e poi magari anche altro, ma fondamentalmente a me poco interessa), sono tra i personaggi che più stanno sugli zebedei all’Italia popolare, per non parlare di quella radical chic.

Ma soffermiamoci alle ultime gesta di Fabio Volo, ovvero la serie “Untraditional”. Una meta serie, completamente incentrata sul suo anchorman, ambientata tra una Milano (tanta Milano) bella, pulita, in cui tutto funziona, e New York (se ne è vista ancora poca ma buona), le due città tra cui Volo fa la spola.
Nella serie, in onda su Nove ogni mercoledì, Volo non è altro che un uomo, già di successo, ma con un sogno ancora da realizzare: girare una serie tv ambientata a New York, un prodotto, come afferma lui stesso, “che in Italia si propone come una novità, ma che in realtà, nei paesi anglosassoni, è un genere già molto diffuso”.

A renderla vincente è il suo voler raccontare se stesso non raccontando veramente se stesso. Fabio porta in scena la compagna (Johanna, senza snaturarla tanto che da islandese parla solamente in inglese), la propria transizione da tombeur de femmes a padre di famiglia, Brescia la sua città natale, la sua trasmissione a Radio Dejay, insomma buona parte del suo vero essere, che poi è ciò che ha conquistato il pubblico e indispettito  gli haters.
A fare da contraltare a tutto questo una serie di situazioni, personaggi, incontri, di pura fantasia che contribuiscono a rendere frizzante la comedy: tra tutti spicca l’esilarante Raimondo, milanesissimo agente/amico di Fabio, figura a metà strada tra Lucignolo e il grillo parlante; la ex Paola, interpretata da una procace Paola Iezzi, che si pone quasi come stalker ed esatto opposto dell’eterea Johanna; l’amico cantante Giuliano, al secolo Giuliano Sangiorgi, che si rivela un attore quasi poliedrico e molto ironico; le Donatella, che compaiono di tanto in tanto tipo gemelline di Shining.
E poi ci sono i cammei che Volo sfrutta benissimo in ogni puntata, a partire da Emma Marrone che al “Volo del mattino” dice di sentire le voci, passando per la sopracitata Selvaggia Lucarelli che fa il filo a Raimondo, Roberto Vecchioni, Fabio Fazio, Francesco Renga, solo per citarne alcuni.
Lasciatemi dedicare una riga in più a Carlo Freccero, autore Rai e mio amato prof. universitario che si presta fedelmente ad interpretare il professionista istrionico che è anche nella vita.

Lo so che a volte definire qualcuno “tuttologo” tende quasi a sminuire le sue reali capacità e le sue vere abilità, ma Fabio Volo si pone nello spettacolo/editoria/cinema italiano, veramente come tale.
E non perché sia un marziano, quando in realtà di personaggi come lui soprattutto in America ve ne sono eccome, quanto perché nel nostro paese tutto ciò non è contemplato. E’ più facile, quando non si comprende qualcosa o qualcuno, criticare piuttosto che dire “Bravo, ce l’ha fatta”.
Non me ne vogliate, ma anche in questa prova io mi sento di dire a Fabio Volo, “Bravo, ce l’hai fatta”.

Io nel 1992 avevo dieci anni

Voglio essere chiara subito, dalla partenza. A me 1992, la serie si, proprio quella, piace. Non so cosa esattamente, ma mi piace. Magari man mano che scrivo alla fine mi viene in mente.
Allora partiamo dall’inizio: Stefano Accorsi non mi piace, ma l’idea si, e non trovo fondato l’hastag sfottò #daunideadistefanoaccorsi, perché parliamoci chiari non è di certo la scoperta della legge quantistica ma un’idea così vorremmo avercela avuta tutti. Certo ci sarebbe stato poi da vedere se un’idea così se fosse venuta a qualcun altro, gliel’avrebbero prodotta.

Comunque Stefano Accorsi non mi piace, perché pur riconoscendo dai tempi de L’ultimo bacio che è di certo belloccio, io sono sempre stata tra quelle che preferivano Favino. Il fatto che sia stato con Laetitia Casta per un sacco di tempo e che abbia provato ad assumere quel nonsoché di francese non me l’hanno reso né più attraente né più professionalmente valido; come attore intendo, perché a questo punto come ideatore/autore non lo vedrei affatto male.

Mi piace invece molto Miriam Leone, una delle poche Miss Italia che m’è piaciuta subito, indubbiamente bella, spigliata, cazzuta. E’ una che ha fatto la presentatrice e le è riuscito, fa l’attrice e le riesce, le riesce anche di fare la precorritrice dell’olgettina in un momento in cui forse a Milano i palazzi di Via Olgettina erano in via di edificazione.

Come un po’ a tutti non mi piace Tea Falco, ma non tanto perché non mi piaccia lei o pensi che sia una miracolata, quanto perché è davvero difficile capire cosa dica, io già mi guardo la serie dal pc senza casse, sfruttando Sky Go di mio padre, in più pure fare lo slalom tra le parole sbiascicate di Bibi Mainaghi, mi diventa davvero un impresa.

Mi piace anche il personaggio di Antonio Di Pietro, interpretato da un abbastanza credibile Antonio Gerardi. Presente quanto basta in video e nella storia, risoluto e fermo quanto basta.

Mi piace meno Alessandro Roja, bravissimo attore per carità, ma ricordarlo come il Dandy di Romanzo Criminale (la serie, ovviamente) con un ruolo potente e definito e ritrovarlo qui, non s’è capito in che veste e con quali, fin’ora poco interessanti, misteri, non mi piace.

Mi sta piacendo parecchio anche il personaggio di Pietro Bosco, alias Guido Caprino, e sono rimasta impressionata dal fatto che l’unico personaggio decente della serie alla fine sia un leghista un po’ ignorante, un po’ energumeno, ex militare della Guerra del Golfo, ovviamente  po’ violento e un po’ burbero ma in fondo umano. L’unico personaggio, forse insieme alla Mainaghi, che volge al miglioramento. E tra l’altro è molto più affascinante di Stefano Accorsi.

La cosa che più mi piace è che io nel 1992 avevo 10 anni ed ero una bambina assennata, riflessiva e curiosa, che recepiva e rielaborava tutto quello che le succedeva intorno. Era il 10 maggio 1992 il giorno in cui per la mia Prima Comunione mi fu regalata la mia prima televisione per la cameretta. Il giorno dopo mi ammalai di morbillo (detta adesso sembra un’eresia il fatto che non fui vaccinata). Fu un decorso lungo, tanto che il 20 giorno del mio compleanno ero ancora malata e il 23 dello stesso mese ero attonita di fronte ai TG che trasmettevano le immagini sulla strage di Capaci. Ricordo tutto, date, volti, luoghi, Craxi, Di Pietro, i morti sulle strade coperte dalle lenzuola bianche, le Olimpiadi di Alberville e quelle di Barcellona, la tv commercial/spazzatura che pur mi piaceva tanto, la maschera paurosissima de Il silenzio degli innocenti, Sarajevo, Cossiga e poi Scalfaro, il Moro di Venezia di Raul Gardini, l’elezione di Clinton. Se non tutto, molto. Tutto visto e vissuto con gli occhi di una bambina di 10 anni, che sembrava sempre più grande della sua età.

Ecco perché 1992 La serie a me piace.

Tendenze

Lo ammetto sono una fan di “Chi l’ha visto” e come tale non mi perdo una puntata, se non in casi proprio eccezionali. Da quando sono diventata un’adepta della Sciarelli il mercoledì non vado più neanche al cinema, regalo quei due-tre euro al multisala di turno e chi s’è visto s’è visto. Mi sia perdonato il gioco di parole ma io “Chi l’ha visto” non me lo perdo. Sarà una tradizione di famiglia. Mi ricordo Donatella Raffai il lunedì, quando dopo aver cenato da mia nonna, andavo a salutarla mentre lei si accingeva ad andare a letto e in sottofondo scorreva il sommario della trasmissione che stava per iniziare. Da bambina, fedele solo a Bim Bum Bam, quella sigla mi attraeva con un misto di curiosità e paura. E così continua ad essere.
In base a quale tendenza questa trasmissione da contenitore serale- passatempo per anziane signore sia diventato un programma cult io non so dirlo. Non sono né Bernardini tantomeno Silvia Motta (quella col turbante di Tv Talk per intenderci) ma sta di fatto che Chi l’ha visto è diventato un must, roba che in confronto Masterchef e XFactor gli fanno un baffo.
Vi dico solo che è argomento di conversazione telefonica tra me e la mia migliore amica, e la mia amica di giorno fa il medico, non è che pettina le bambole, e magari la sera vorrebbe vedere in tv qualcosa di più distensivo. Invece no, per noi la Sciarelli la sera è più distensiva della tisana al finocchio. Lei con i suoi blazer che sfidano le mode e le epoche è stata capace di far entrare ‘sto programma dai televisori col tubo catodico delle casalinghe o delle pensionate agli schermi ultrapiatti di chi come me la parola pensione non la legge neanche sullo schermo dell’Inps. E così, pacata ma cazzuta al tempo stesso, è entrata nelle TT di Twitter, tra i topic trend con lo pseudonimo di #Sciary. E guardate che entrare nelle tendenze di Twitter mica è cosa da poco. Ieri in lista sopra di lei c’era giusto Rosetta, che non è di certo la panettiera sotto casa mia. Quello che più mi ha colpito è che a seguire le due signore dei topic di ieri sera c’era il nome di un “bell’ometto”, #Mirco (con la C sia chiaro). Probabilmente chi non segue la cronaca nera italiana attuale non può sapere chi sia costui. E’ un tizio, marito di una donna scomparsa da mesi, che ha tolto a zio Michele lo scettro di “personaggio improbabile” del giallo all’italiana, coi suoi maglioni infeltriti che in confronto quelli di Cliff Robinson erano leggiadri filati, è un personaggio che buca lo schermo. E ieri in studio dalla Sciary, rea di farlo diventare ancora più “amabile”, iniziando l’intervista con “Mirco, lei sta sudando”, è diventato star indiscussa di Twitter. Anche se secondo me un posto in classifica lo avrebbe meritato anche l’avvocato, strizzata in un chiodo aggressive, che ha avuto il coraggio di piazzarlo davanti alle telecamere della prima serata della signora del giallo.
Ci vuole coraggio vero, e non solo per come era conciato il suo assistito, ma anche perché intanto qui non si sa chi ha fatto sparire la signora, ma sappiamo chi ha ucciso il buongusto.
E nel bene e nel male, chi crea “tendenza”.