Ti svegli (tardi) una domenica mattina di novembre con il cielo grigio, l’aria improvvisamente fredda e l’incombere di una nuova pesante settimana. Ti verrebbe di accodarti a tutti quelli che hanno istituito la divanomenica e il pigiama day… e invece no, ti vesti più sprint che puoi nonostante lo sciarpone e il maglione ormai pesante e cerchi la tua personale tavolozza per darle colore, d’altronde questa domenica in black & white può diventare una perfetta tavolozza su cui esprimere tutta la propria fantasia.
Fossi stata in campagna avrei potuto fare foliage e perdermi tra le sfumature tra il giallo e il marrone delle foglie, fossi stata al mare avrei proteso per una passeggiata sulla battigia umida e visto il mare diventare da azzurro a grigio perla (propenderei per il grigio topo per alcuni tratti del litorale laziale), ma sono a Roma e allora perché non dare libero sfogo alle tinte forti?! Questa città non ha mica solo quella nuance cenerina dello smog o quel verde torbido dell’ormai fu biondo Tevere.
E allora cosa c’è di meglio di un parco giochi, o meglio del luna park per eccellenza, soprattutto per tutti i romani cresciuti tra gli anni ’60-’80 che hanno trascorso la propria infanzia al Luneur.
Non tutti sanno che il parco giochi di Roma, il più antico d’Italia, sordidamente chiuso nel 2008 dopo aver perso gli antichi fasti ed aver piano piano spento tutte le proprie abbaglianti luci, ha riaperto appena un mese fa in una nuova veste. Dopo aver terrorizzato generazioni con la sua casa dell’orrore e aver fatto impazzare l’adrenalina sulle sue storiche montagne russe, è diventato un innocente parco per bambini da 0 a 12 anni. Innocente ma coloratissimo, tanto che nonostante avessi passato i 12 da un bel po’ ho deciso lo stesso di immergermi nella sua atmosfera magica.
Tra girandole colorate, folletti che strizzano già l’occhio al Natale e giochi riprodotti a misura di bimbo, ho dimenticato per un attimo il grigiore autunnale e sono tornata un po’ bambina, preferendo però allo zucchero filato un bicchiere di vin brulè.
Sceso ormai il buio e spente le luci del parco, ho continuato a girovagare per l’Eur, quartiere che amo particolarmente, incappando in una costruzione a me tanto familiare quanto sconosciuta: il Palazzo della Civiltà Italiana meglio conosciuto come Colosseo quadrato, scrigno della preziosa griffe nostrana che porta il nome di Fendi. E nel suo scrigno un vero gioiellino, la mostra completamente gratuita (e prorogata fino al 10 dicembre), “Fendi Roma – The Artisans of Dreams“. Un vero e proprio viaggio per raccontare i 90 anni di alta moda Fendi, dal negozietto dei pionieri a via del Plebiscito al successo arrivato per mano delle cinque figlie/sorelle e poi consolidato da Silvia Venturini Fendi. Il tutto con il tocco dell’istrionico Karl Lagerfeld a cui è dedicata la sala clou della mostra fatta di specchi e portachiavi pelosi che pendolano dal soffitto, ognuno dei quali ripropone l’immagine dell’icona Lagerfeld.
Morale della favola, perché a volte la vita proprio tale sembra, è che quando meno te lo aspetti, se chiudi gli occhi, lasciandoti andare e buttandoti nella mischia, li riapri e ti trovi immersa tra girandole colorate e specchi luminosi. E la tua settimana inizia già col piede giusto, anche se fuori è freddo ed è tutto grigio.