#Unavitapois mondana

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Un esclusivo evento da Zuma a Roma per il lancio del nuovo numero di “Roma the Eternal City” con due partner d’eccezione Antinori e Valadier

Come già saprà chi ha ascoltato i miei sproloqui nelle Ig Stories oppure anche solo dato un’occhiata al mio profilo, Una vita a pois è stata è stata ospite martedì 4 aprile scorso di un evento speciale al lounge&bar di Zuma al quinto piano di Palazzo Fendi, per il lancio del nuovo numero di Roma the Eternal City, edito da Gruppo Editoriale.

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L’appuntamento romano con Rendez-vous

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Quando il cinema chiama, Una vita a pois (appena può) risponde. Soprattutto se si tratta di cinema francese.
Non so esattamente perché ma noi italiani, non tutti sia chiaro, appena si nomina il cinema dei cugini d’oltralpe, tacciando loro di avere la puzza sotto il naso in realtà siamo i primi a storcerlo.
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Di girandole e moda

Ti svegli (tardi) una domenica mattina di novembre con il cielo grigio, l’aria improvvisamente fredda e l’incombere di una nuova pesante settimana. Ti verrebbe di accodarti a tutti quelli che hanno istituito la divanomenica e il pigiama day… e invece no, ti vesti più sprint che puoi nonostante lo sciarpone e il maglione ormai pesante e cerchi la tua personale tavolozza per darle colore, d’altronde questa domenica in black & white può diventare una perfetta tavolozza su cui esprimere tutta la propria fantasia.

Fossi stata in campagna avrei potuto fare foliage e perdermi tra le sfumature tra il giallo e il marrone delle foglie, fossi stata al mare avrei proteso per una passeggiata sulla battigia umida e visto il mare diventare da azzurro a grigio perla (propenderei per il grigio topo per alcuni tratti del litorale laziale), ma sono a Roma e allora perché non dare libero sfogo alle tinte forti?! Questa città non ha mica solo quella nuance cenerina dello smog o quel verde torbido dell’ormai fu biondo Tevere.

E allora cosa c’è di meglio di un parco giochi, o meglio del luna park per eccellenza, soprattutto per tutti  i romani cresciuti tra gli anni ’60-’80 che hanno trascorso la propria infanzia al Luneur.
Non tutti sanno che il parco giochi di Roma, il più antico d’Italia, sordidamente chiuso nel 2008 dopo aver perso gli antichi fasti ed aver piano piano spento tutte le proprie abbaglianti luci, ha riaperto appena un mese fa in una nuova veste. Dopo aver terrorizzato generazioni con la sua casa dell’orrore e aver fatto impazzare l’adrenalina sulle sue storiche montagne russe, è diventato un innocente parco per bambini da 0 a 12 anni. Innocente ma coloratissimo, tanto che nonostante avessi passato i 12 da un bel po’ ho deciso lo stesso di immergermi nella sua atmosfera magica.

Tra girandole colorate, folletti che strizzano già l’occhio al Natale e giochi riprodotti a misura di bimbo, ho dimenticato per un attimo il grigiore autunnale e sono tornata un po’ bambina, preferendo però allo zucchero filato un bicchiere di vin brulè.

Sceso ormai il buio e spente le luci del parco, ho continuato a girovagare per l’Eur, quartiere che amo particolarmente, incappando in una costruzione a me tanto familiare quanto sconosciuta: il Palazzo della Civiltà Italiana meglio conosciuto come Colosseo quadrato, scrigno della preziosa griffe nostrana che porta il nome di Fendi. E nel suo scrigno un vero gioiellino, la mostra completamente gratuita (e prorogata fino al 10 dicembre), Fendi Roma – The Artisans of Dreams“. Un vero e proprio viaggio per raccontare i 90 anni di alta moda Fendi, dal negozietto dei pionieri a via del Plebiscito al successo arrivato per mano delle cinque figlie/sorelle e poi consolidato da Silvia Venturini Fendi. Il tutto con il tocco dell’istrionico Karl Lagerfeld a cui è dedicata la sala clou della mostra fatta di specchi e portachiavi pelosi che pendolano dal soffitto, ognuno dei quali ripropone l’immagine dell’icona Lagerfeld.

Morale della favola, perché a volte la vita proprio tale sembra, è che quando meno te lo aspetti, se chiudi gli occhi, lasciandoti andare e buttandoti nella mischia, li riapri e ti trovi immersa tra girandole colorate e specchi luminosi. E la tua settimana inizia già col piede giusto, anche se fuori è freddo ed è tutto grigio.

Ma poi sposa si nasce o si diventa?

Parliamoci chiaro ogni donna in fondo, dalla rocker passando per la manager e la calciatrice, aspetta l’amica o la cugina di turno che le annuncino di essere state chieste in moglie per dare una sbirciatina al mondo in bianco altrimenti accessibile solo di straforo tra una puntata di Abito da sposa cercasi e Wedding Planner di Enzo Miccio. E quando si parla di bianco il primo pensiero va all’abito, ambito, sconosciuto, elemento accessibile solo a chi ha ricevuto la richiesta vera.
Le altre, quelle che dicono di non averlo mai sognato neanche da ragazzine (oh, l’ha detto pure Charlize Theron a Sanremo) possono al massimo toccarlo, anche solo provarselo con gruccia davanti allo specchio, come ovviamente ho fatto io, pare che porti male (ma io mica sono superstiziosa!).

Aspetto aspetto ma le mie amiche storiche sono inamovibili, o forse sono inamovibili i loro compagni. Fanno figli, aprono attività insieme, accendono mutui cointestati, ma niente non c’è verso di capitolare.
Stavo quasi perdendo le speranze di poter farmi almeno un giro per i chiassosi stand di Roma Sposa quando una sera durante una cena a quattro la mia carissima amica Clarissa annuncia: “Ci sposiamo!!!!”. E tira fuori il brillocco che brilla forse meno dei suoi occhi mentre me lo mostra e dei miei che finalmente avrò la scusa per dare una sbirciatina al mondo wedding.

Non ho perso tempo e da brava scovatrice di eventi a cui imbucarmi ho trovato su IoDonna la possibilità di accreditarsi a Bride to be (letteralmente essere, diventare sposa), un evento organizzato per presentare la nuova collezione sposa Max Mara. Mi piacciono queste incursioni estemporanee nel mondo della moda, soprattutto trovo in Clarissa la spalla perfetta per presenziare, trovo che insieme siamo un po’ comiche, nonostante ci conosciamo da 10 anni e abbiamo entrambe superato i 30 continuiamo a sembrare due bambine in gita scolastica. Anche ieri all’atelier abbiamo scovato il comico quando non trovavano il suo nome in lista e non volevano consegnarle il cadeaux…ma come niente regalo omaggio alla sposa!!!!. Non avrei insistito tanto se non avessi scrutato che all’interno della busta, pesante più di una cassa d’acqua da sei, c’era una scatola firmata Kérastase e una Sisley Paris 🙂

Ci sediamo goffamente in prima fila, addobbate come alberi di Natale di buste, calici di champagne e volantini vari, facciamo amicizia con una statuaria ed elengantissima responsabile del brand, e ci godiamo l’inizio della sfilata. Piacevole, eterea, rilassante. Io sembravo come Alice nel paese delle Meraviglie che non era mai stata a Wonderland, ma senza l’ansia del Brucaliffo e del Cappellaio matto. Lì nessuno voleva venderti o rifilarti niente. Osservavi, commentavi, sceglievi il tuo abito preferito e mangiavi tartine al salmone e cioccolatini a cuore.

Il colmo è che poi alla fine Alice ha trovato l’abito delle meraviglie e la sposa no.
Ma quella è un’altra storia.

Spunte blu e allerte viola


Due giorni all’insegna della cromia, di colori che fanno la differenza e che scandiscono i ritmi della nostra giornata. Due colori freddi, che in qualche modo rappresentano la scalatura l’uno dell’altro, il blu e il viola, sono riusciti in meno di 24 ore a creare panico tra noi comuni mortali.
Il viola l’ho sempre considerato un colore bivalente, a me non fa impazzire, se non nella variante lilla, ma è pur sempre un colore amato, soprattutto dalle donne, fatto salvo per quelle che calcano un palcoscenico. Eppure ieri nell’arcobaleno di variabili di cui siamo protagonisti, l’allerta su Roma si è trasformata da rossa, da sempre riconosciuta come massima, a viola, in una scala ideale in cui questo colore assume un ruolo tra il mistico e il macabro. E’ in giornate come queste che Roma assume un nonsoché di surreale, quasi onirico, in cui ci trasformiamo tutti in studentelli discoli quando arriva la circolare del “preside” e si torna a casa prima per la bomba d’acqua in arrivo.

Ma se proprio di bombe vogliamo parlare, il vero e proprio ordigno che si è abbattuto ieri e ha colto tutti di sorpresa è stato di un altro colore: blu. Come il colore che viene attribuito all’acqua, come l’acqua in cui qualcuno si è sentito affogare quando si è reso conto che la sua “privacy” sociale, che io chiamerei anche in altri modi meno polite, era ormai seriamente minata. Perché si, in una giornata uggiosa di novembre, una delle nostre certezze è venuta meno, la doppia spunta verde di messaggio ricevuto con incognita si era tramutato improvvisamente in una certezza. Certezza di aver letto, certezza di aver letto e non risposto, certezza di essere stati ignorati. Ed essere ignorati su WhatsApp fa abbassare l’autostima, potrebbe rientrare in un nuovo business di psicologi e assimili. Se Dante fosse esistito avrebbe potuto creare il girone degli “ignorati su WhatsApp”.
In un mondo fatto di incertezze, quella era rimasta una delle poche che ci lasciava una speranza di credere che tutto poteva essere possibile. Di credere che anche in un feriale quanto normale giovedì di novembre saremmo potuti ritornare scolaretti con la speranza di poter saltare un giorno di scuola.