Ricordo ancora benissimo quel natale del 1991 quando mia padre mi regalò una Olivetti rossa. Non ricordo però bene se gliela chiesi io al “Babbo Natale del babbo” (i miei separati, si dividevano i Babbi Natale, come se ce ne fossero più di uno) o se me la regalò lui di sua spontanea volontà visto che mi vedeva sempre scrivere a mano.
Oggi mi chiedo che ne sarebbe stato di me se anziché quella macchina da scrivere mio padre mi avesse regalato che ne so, un abaco, una calcolatrice o un microscopio. Avrei magari intrapreso un’altra strada se mio padre quel giorno anziché entrare al rivenditore Olivetti fosse andato nel negozio del piccolo scienziato?
Alle porte del Natale il mio pare quasi essere un messaggio subliminale ai genitori, quasi a dire: pensateci bene prima di regalare qualcosa ai vostri figli, ciò potrebbe incidere notevolmente con le loro scelte future… ma se così non fosse, se i bambini le loro scelte a nove anni le avessero già fatte e i genitori si limitassero solamente a seguire le loro inclinazioni? Allora non ci sarebbero né microscopi né calcolatrici, andremmo tutti incontro al nostro destino lavorativo, da soli, senza nessuno che ci tenga per mano e ci dica “vai di là che si sta meglio”.
Io c’ho provato a prendere altre strade, a staccarmi da quella Olivetti rossa, addirittura staccandomi (letteralmente) da terra. Poi a terra, o meglio sulla scrivania dove erano posati questi tasti, passati nel frattempo da neri su rossi a neri su neri, ci sono ricaduta. Era il 2004 quando spiccai il volo come hostess di voli intercontinentali. Qualche giorno fa la telefonata di mia madre che mi annunciava che era appena arrivata per posta quella che secondo lei era una cattiva notizia. Io, automobilista indisciplinata, ho pensato immediatamente ad una multa. Invece mi scriveva l’Enac per annunciarmi che a causa del mancato rinnovo per 5 anni della mia certificazione da assistente di volo, mi aveva cancellato dall’albo.
In quel momento mi sono passati davanti i fotogrammi degli ultimi dieci anni della mia vita. Fotogrammi in cui ho rivisto una per una le mie scelte, prima tra tutte quella di lasciare un lavoro certo, ambito e ben retribuito per qualcosa che allora come ora continua essere incerto, vago ed effimero.
Io quella certificazione pensavo fosse scaduta anni ed anni fa. Eppure mi ci sono applicata tanto per arrivarci, è stato uno dei percorsi e degli esami più tosti di sempre per me che pur di esami ne ho fatti.
Né ho anche un’altra di certificazione, che non vale granché nel nostro attuale sistema lavorativo, ma credo, o meglio sono sicura che quella non dimenticherò mai di averla. E’ quella da giornalista. Incerta, vaga ed effimera. Iniziata probabilmente durante quel Natale ’91 con una Valentina rossa al posto di una calcolatrice.