Paradisiache visioni

Esiste un tempo e uno spazio in cui tutto è candido e rarefatto, in cui tutto è incantevole e assume toni pastello. Quasi fosse un mondo a parte, un mondo incantato. E’ il mondo di Instagram, o meglio di certi profili Instagram. Si perché forse ogni profilo sul social network fotografico, assomiglia un po’ a chi lo cura.

Ce ne sono certi cupi e confusionari, alcuni pieni di frasi rubacchiate qua e là, altri fatti di selfie e foto di braccialetti e chincaglierie varie.
Sono sincera io Instagram lo adoro. Sarà perché è diventato la nuova frontiera del vouyerismo, un voyerismo lecito però, che ha sdoganato un sacco di remore dalla Finestra sul cortile di Hitchcock in poi.
Tutti ci sentiamo un po’ artisti in quel marasma di finestrelle colorate che compongono il puzzle delle nostre foto. Ma parliamoci chiaro, non è proprio così.
Io le mie “artiste” lì sopra le ho trovate. Non so se è un caso che siano tutte donne. Sono per me la nuova espressione della fotografia contemporanea, un poker d’assi dell’istantanea social.
Si tratta di quattro Bloggers/Instangramers in gonnella che rispondo ai nomi di: elena_grazia_it, sonia_grispo e valentina_grispo, silcre.
Il loro stile pur differenziandosi in alcune caratteristiche è a metà tra lo shabby chic e la nouvelle vague, dove la luce, il bianco e i colori si fondono e si confondo per dare vita ad un so che di onirico.
C’è un problema però. Ogni volta che apro il social e scorro le loro foto, la mia autostima sprofonda. A partire dalla colazione. Le loro petit déjeuner, anche se mangiano solo latte e cereali, sembrano quelle di Marie Antoinette, fatte di tazze meravigliose e tovagliette decor. Io nel frattempo mangio una merendina mentre da casa raggiungo il lavoro a piedi. Passiamo poi alla mattina lavorativa. Loro scorrazzano tra Milano, Roma e Catania in mise eleganti, ricercate e particolari e si fanno foto in angoli della città con in dosso l’ultima tendenza del momento beccate nella loro posa migliore proprio, guarda caso, mentre passava un venditore di palloncini pastello; io sto tutto il giorno chiusa in un open space a discutere col vicino di scrivania sull’apertura o meno della finestra. E vi assicuro che da quella finestra non si vede fiori color pastello, ma un muro beige. Ecco i fiori. Loro si comprano peonie e tulipani (da sole) e ci imbandiscono la tavola. Io a casa non credo neanche di avere un vaso. E le loro case sono meravigliose. Curate nei minimi dettagli, loro pensano già agli addobbi natalizi, io scorrazzerò la mattina del 24 dicembre alla ricerca dei regali e degli orpelli dell’ultimo secondo.
E che dire di quando si allenano o fanno sport…anche lì sono sempre perfette, sempre col sorriso sulla bocca anche dopo 10km, non sono né sudate né paonazze, e le loro mise sportive sono perfette. Anche se fluo anziché pastello. Il mare delle loro vacanze è sempre più celeste di quello delle mie, così come il verde dei loro prati e persino il grigio delle loro città è più grigio.
A scanso di equivoci, loro non vanno a serate mondane, se non ad incontri ed eventi a cui sono invitate a ricoprire un ruolo (e sono comunque sempre trendy e a loro agio). Loro prediligono le serate con gli amici, le cene buone, la compagnia giusta nel ristorante/locale giusto. E il cibo giusto, che fotografano sempre in maniera che salteresti nella foto per assaggiarlo. Che non è mai sopra le righe, proprio come loro. Io le seguo e le ammiro perché sono sempre entro le righe seppur con una loro identità e originalità.

Spunte blu e allerte viola


Due giorni all’insegna della cromia, di colori che fanno la differenza e che scandiscono i ritmi della nostra giornata. Due colori freddi, che in qualche modo rappresentano la scalatura l’uno dell’altro, il blu e il viola, sono riusciti in meno di 24 ore a creare panico tra noi comuni mortali.
Il viola l’ho sempre considerato un colore bivalente, a me non fa impazzire, se non nella variante lilla, ma è pur sempre un colore amato, soprattutto dalle donne, fatto salvo per quelle che calcano un palcoscenico. Eppure ieri nell’arcobaleno di variabili di cui siamo protagonisti, l’allerta su Roma si è trasformata da rossa, da sempre riconosciuta come massima, a viola, in una scala ideale in cui questo colore assume un ruolo tra il mistico e il macabro. E’ in giornate come queste che Roma assume un nonsoché di surreale, quasi onirico, in cui ci trasformiamo tutti in studentelli discoli quando arriva la circolare del “preside” e si torna a casa prima per la bomba d’acqua in arrivo.

Ma se proprio di bombe vogliamo parlare, il vero e proprio ordigno che si è abbattuto ieri e ha colto tutti di sorpresa è stato di un altro colore: blu. Come il colore che viene attribuito all’acqua, come l’acqua in cui qualcuno si è sentito affogare quando si è reso conto che la sua “privacy” sociale, che io chiamerei anche in altri modi meno polite, era ormai seriamente minata. Perché si, in una giornata uggiosa di novembre, una delle nostre certezze è venuta meno, la doppia spunta verde di messaggio ricevuto con incognita si era tramutato improvvisamente in una certezza. Certezza di aver letto, certezza di aver letto e non risposto, certezza di essere stati ignorati. Ed essere ignorati su WhatsApp fa abbassare l’autostima, potrebbe rientrare in un nuovo business di psicologi e assimili. Se Dante fosse esistito avrebbe potuto creare il girone degli “ignorati su WhatsApp”.
In un mondo fatto di incertezze, quella era rimasta una delle poche che ci lasciava una speranza di credere che tutto poteva essere possibile. Di credere che anche in un feriale quanto normale giovedì di novembre saremmo potuti ritornare scolaretti con la speranza di poter saltare un giorno di scuola.

Francesca, una di noi

Se non fosse perennemente inamidata nei suoi tailleur di taffetà, Francesca Pascale, potrebbe essere mia sorella minore o un’amica a cui dare consigli.
Della Jakie O. partenopea si è lungo parlato da quel dicembre di due anni fa, quando Silvio, il suo presidente, in un intervista a Barbarella D’Urso, parlò di lei come la sua fidanzata.
Oggi a distanza di quasi due anni, la Francesca nazionale siede ormai stabilmente a fianco di Berlusconi. Ma quel dicembre lì non è poi così lontano. E lei lo racconta, come il ricordo più bello di sempre, alla penna multitasking di Vespa, nel suo nuovo libro.
Quel giorno la Pascale raggiungeva il suo sogno, la chimera che inseguiva da sempre , da quando ancora ragazzina, si mise in testa di conoscerlo, perché lei già lo amava, lo amava in “maniera ossessiva” .
Con la tenacia che la contraddistingue, che le si legge in volto, soprattutto da quando ha sfoltito la sopracciglia e se le è fatte disegnare a mo’ di ala d’aquila, il suo Silvio se l’è conquistato. Giorno dopo giorno, olgettina dopo olgettina, bunga dopo bunga, lei è sempre rimasta lì, gelosa ma mai invadente, preoccupata ma mai petulante, a volte scoraggiata ma sempre fiduciosa. E io una donna così, anche se molti non saranno d’accordo, la ammiro. La ammiro perché ha resistito, la ammiro perché ha sfidato chiacchiere, ex mogli e pregiudizi, che io in primis ho. La ammiro perché sarà pure un arrampicatrice sociale, ma lei una passione per questo Silvio qua ce la dovrà pure avere veramente. Un’ossessione vera e propria, come la definisce lei.
Adesso posa sulla sua nuova Harley Davidson fiammante, sognata da anni anch’essa, ma un po’ meno di Silvio, da cui si separa solo per amore del quasi ottuagenario compagno. Ora, parcheggiata la moto, sogna con lui un appartamento moderno e funzionale nel cuore della capitale, magari più piccolo di Palazzo Grazioli, ma lontano dal suo ufficio, per goderselo ed averlo tutto per se almeno dopo il lavoro. Come tutte le trentenni, di ieri e di oggi, come tutte le donne che amano, che come lei, anche se non lo ammettono, inseguono, assediano, controllano  l’uomo che hanno sempre sognato di avere a fianco.